La direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023, intende dare effettiva attuazione al principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o lavoro di pari valore (art. 157 TFUE) e al divieto di discriminazione (art. 4, direttiva 2006/54/CE). Per raggiungere tali obiettivi, la direttiva agisce attraverso meccanismi finalizzati a garantire la trasparenza retributiva.
Affinché l’obiettivo sia più facilmente perseguibile, la direttiva estende il campo di applicazione anche alla fase di selezione, regolamentando la trasparenza e la parità prima della assunzione, a partire dalla formulazione degli avvisi di selezione e l’utilizzo di titoli professionali “neutri” sotto il profilo del genere altresì, il datore potenziale non potrà chiedere al candidato informazioni sulla retribuzione relativa al rapporto di lavoro in corso o a precedenti rapporti di lavoro.
La direttiva si sofferma a lungo sul diritto di informazione, consistente nel diritto del lavoratore di richiedere e ricevere per iscritto informazioni sul proprio livello retributivo e sulla retribuzione media delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
Per garantire ai lavoratori l’accessibilità alle informazioni è previsto che il datore debba rendere accessibili ai lavoratori le informazioni circa i criteri (che devono essere naturalmente oggettivi e neutri sotto il profilo del genere) per la determinazione della retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica dei lavoratori.
È previsto, poi, che i datori di lavoro con almeno 100 dipendenti comunichino alle autorità competenti informazioni dettagliate sul divario retributivo di genere. Qualora tale divario sia almeno il 5 per cento in una qualsiasi categoria di lavoratori, non sia giustificato da criteri oggettivi e neutri e il datore di lavoro non abbia corretto tale differenza entro sei mesi dalla data della comunicazione delle informazioni sulle retribuzioni, deve essere effettuata una valutazione congiunta tra datori di lavoro e rappresentanti dei propri lavoratori per intervenire con misure correttive volte a prevenire ed eliminare le disparità retributive e rendere effettivo il principio di parità di trattamento.
Per agevolare i datori di lavoro gli stessi Stati membri potranno produrre le informazioni richieste sulla base dei dati amministrativi che i datori di lavoro comunicano attraverso dichiarazioni alle autorità fiscali o di sicurezza sociale (quindi nel contesto italiano all’Agenzia delle Entrate, all’INPS, all’INAIL).
La direttiva promuove il ruolo e il coinvolgimento effettivo delle parti sociali, a partire dal dialogo e dallo svolgimento di un ruolo attivo (in conformità al diritto e/o alle prassi nazionali), nell’attuazione di quanto previsto, in particolare lo sviluppo di sistemi di classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere.
Tuttavia, è sicuramente nel Capo III che si concentra la parte più innovativa e incisiva del provvedimento.
Uno dei passaggi di maggiore interesse riguarda l’inversione dell’onere della prova: se un lavoratore solleva un sospetto fondato di discriminazione, sarà il datore di lavoro a dover dimostrare che non esiste alcuna disparità illegittima.
Altresì, chi intende verificare un’ingiustizia salariale potrà accedere alle informazioni sui criteri di retribuzione e sui livelli medi pagati ai colleghi comparabili: le imprese sono obbligate a fornire informazioni strutturate, chiare e tempestive, comprese quelle sui sistemi di determinazione delle retribuzioni.
Anche i soggetti collettivi come sindacati e organismi per la parità potranno agire in giudizio anche in nome e per conto dei lavoratori, o addirittura avviare cause collettive.Si tratta di uno strumento evidentemente finalizzato a superare la paura di ritorsioni o il timore di esporsi individualmente. Inoltre, e per evitare che una persona rinunci ad agire solo per ragioni economiche, gli Stati membri saranno tenuti a garantire: i) procedure accessibili e non discriminatorie; ii) regole più favorevoli sulle spese processuali; iii) tutela effettiva anche in fase transitoria o durante le indagini; iv) sanzioni economiche; v) risarcimenti integrali; vi) misure aggiuntive nei casi più gravi.
In ultimo ma non meno di rilievo rispetto a quanto sopra, viene espressamente previsto che chi non rispetta le regole sulla parità retributiva rischia l’esclusione e/o l’estromissione dagli appalti pubblici.
Gli Stati membri sono chiamati a recepire la direttiva entro il 7 giugno 2026.
