Gli Stati Uniti e l’Unione Europea tornano a discutere di dazi: dopo settimane di tensioni, a fine luglio è stato raggiunto un nuovo accordo politico che segna una svolta nei rapporti commerciali transatlantici. Le misure già introdotte e quelle ancora da definire avranno un impatto diretto sulle imprese europee. Nella nostra analisi, uno sguardo alle novità e alle prospettive.
Negli ultimi mesi le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea sono tornate al centro del dibattito internazionale, con una serie di annunci e contromisure che hanno riacceso l’attenzione sugli equilibri del commercio transatlantico. A fine luglio, al termine di un vertice in Scozia tra la presidenza della Commissione Europea e il presidente degli Stati Uniti d’America, è stato raggiunto un accordo politico che mira a ridare stabilità agli scambi economici.
In particolare, l’intesa prevede da un lato, l’impegno degli Stati Uniti ad applicare il dazio più elevato tra quello MFN (Most-Favored Nation) e quello base del 15% (inclusiva dell’MFN, se inferiore al 15%, sui prodotti originari dell’Unione Europea. Sul piano operativo, dal 1° agosto 2025 Washington ha introdotto nuovi dazi che incidono in particolare sui prodotti contenenti rame e ha confermato l’aliquota minima del 15% per diverse categorie di beni europei. Restano in vigore i dazi punitivi su acciaio e alluminio, che in caso di provenienza russa possono raggiungere livelli estremamente elevati. A partire dal 1° settembre 2025, la tariffa MFN è applicata esclusivamente a risorse naturali non disponibili (incluso il sughero), aeromobili, prodotti farmaceutici generici, loro ingredienti e precursori chimici provenienti dall’Unione Europea.
Di fronte a questo scenario, l’Unione Europea ha scelto una strategia di distensione, sospendendo per sei mesi l’entrata in vigore delle contromisure annunciate (dal valore di circa 93 miliardi di euro) che avrebbero colpito numerosi prodotti statunitensi. La sospensione è pensata per dare respiro alle imprese e, soprattutto, per verificare se gli Stati Uniti daranno piena attuazione agli altri punti dell’accordo, tra cui la riduzione dei dazi sull’automotive e il trattamento preferenziale per settori strategici come aerospaziale e farmaceutico.
D’altro lato, l’Unione Europea si è impegnata ad aumentare in maniera significativa gli acquisti di energia (per un valore complessivo stimato in 750 miliardi di dollari entro il 2028) e di equipaggiamenti militari dagli Stati Uniti, oltre a promuovere investimenti diretti consistenti oltreoceano. Non solo: l’Unione Europea si è altresì impegnata, inter alia, a compiere sforzi per garantire che la Direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale (CSDDD) e la Direttiva sulla rendicontazione in materia di sostenibilità aziendale (CSDR) non pongano indebite restrizioni al commercio transatlantico.
Con un recente ordine esecutivo del 5 settembre 2025 gli Stati Uniti hanno deciso di dare seguito all’impegno di ridurre i dazi sulle automobili e sulla componentistica europea al 15%, un passo visto a Bruxelles non solo come un sollievo immediato per le cause automobilistiche, bensì come la prima vera attuazione dell’intesa raggiunta nei mesi precedenti. Resta tuttavia un quadro incerto. Secondo le stime della Commissione Europea, circa il 70% dell’export europeo verso gli Stati Uniti continua a essere interessato da dazi, misure transitorie o potenziali incrementi. Per le imprese europee questo significa dover affrontare un aumento dei costi di esportazione, difficoltà nella pianificazione delle forniture e il rischio di perdere competitività su un mercato fondamentale come quello statunitense.
Non sorprende, quindi, che Bruxelles stia parallelamente cercando di rafforzare rapporti commerciali con partner alternativi: dal Mercosur al Canada, dall’India ai Paesi del Sud-est asiatico. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dal mercato americano e assicurare nuove opportunità di sbocco per le imprese europee.
L’accordo raggiunto a fine luglio rappresenta dunque una tregua fragile ma significativa. Per consolidarla sarà decisivo che gli Stati Uniti onorino gli impegni assunti, a partire dalla riduzione dei dazi più penalizzanti. Per le aziende, nel frattempo, la parola d’ordine è prudenza: monitorare con attenzione gli sviluppi, valutare l’impatto delle nuove regole tariffarie e, se necessario, rivedere le proprie strategie di internazionalizzazione.