La responsabilità amministrativa della capogruppo e delle società collegate.
In un gruppo d’imprese, la responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 può davvero restare confinata alla sola società in cui è stato commesso il reato?
Esistono circostanze in cui la capogruppo può essere chiamata a rispondere unitamente ad una propria controllata?
Il decreto 231 non affronta espressamente gli aspetti connessi alla responsabilità dell’ente appartenente a un gruppo di imprese. Principio cardine del sistema attuale, dunque, è quello di considerare tendenzialmente le società, anche se collegate o controllate, soggetti autonomi, con la conseguenza che le eventuali sanzioni 231 restino circoscritte alla sola società coinvolta dal reato.
Dottrina e giurisprudenza (da ultimo Cass. 14343/2025) hanno, però, evidenziato che sussiste la possibilità della risalita di responsabilità 231 nei gruppi qualora il reato sia stato commesso
- da un “dipendente” della società controllata che abbia con la controllante rapporti di tipo organizzativo-funzionale
- anche nell’interesse o a vantaggio della controllante (tale interesse non può automaticamente risiedere nella stessa esistenza del gruppo).
Fermo restando che l’interesse della holding può essere dedotto quando, ad esempio, l’organo gestorio della controllante sia direttamente intervenuto nelle decisioni della controllata, che poi hanno portato alla realizzazione del reato, è però noto che le società appartenenti a gruppi non agiscono in maniera (almeno del tutto) indipendente, ma in maniera coordinata, con strategie condivise e spesso con forti interazioni, con la conseguenza che spesso diviene più difficile riconoscere indipendenza e autonomia alle società del gruppo e l’attribuibilità di un comportamento all’una o all’altra società del gruppo.
Si pensi ad esempio ai gruppi in cui i dipendenti sono assunti da una o dall’altra società ma lavorano poi per tutte le società e negli stessi locali, oppure dove gli amministratori, gli apicali e i consulenti di maggior rilievo (commercialisti, avvocati, RSPP ecc.) sono i medesimi per tutte le società del gruppo od ai gruppi internazionali ove i dipendenti della società straniera del gruppo dirigono i dipendenti della società italiana (sulla base di un organigramma funzionale o matriciale, seppur non formalmente gerarchico).
Ciò comporta, evidentemente, un rischio di estensione o risalita della responsabilità 231.
In tali casi, al fine di offrire una maggiore tutela in ambito 231 alle società del gruppo, è opportuno che tutte le società del gruppo (anche eventualmente straniere) adottino un modello 231 (o, comunque, un sistema di controllo interno per la prevenzione di reati), evitando che i medesimi soggetti rivestano ruoli apicali presso più società del gruppo (cd. interlocking directorates).
Il canale di whistleblowing di ciascuna società (ove non condiviso), poi, dovrebbe permettere l’effettuazione di segnalazioni anche ai dipendenti delle altre società del gruppo.
Inoltre, la formazione ed i flussi informativi dovranno il più possibile coinvolgere tutti i dipendenti delle società del gruppo. Infine, è auspicabile che tra gli Organismi di vigilanza delle varie società del gruppo si sviluppino rapporti informativi, per evitare che l’autonomia di Organismi e modelli sia inficiata da rapporti che, di fatto, determinano l’ingerenza decisionale della holding.
Si segnala, infine, la recente proposta di modifica del D.LGS. 231/2001 (Atto Camera n. 2004), secondo la quale “la responsabilità nell’ambito dei gruppi di imprese si estende all’ente controllante che, giuridicamente o di fatto, svolge un controllo su altre imprese collettive”.
Alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale e delle crescenti interconnessioni operative tra società appartenenti a uno stesso gruppo, non è più sostenibile una concezione della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 circoscritta alla singola entità giuridica.
Risulta oggi imprescindibile un approccio sistemico, calibrato sulla concreta struttura organizzativa del gruppo, che consideri le interazioni funzionali, le sovrapposizioni nei ruoli apicali e la circolazione delle decisioni. In tale contesto, l’efficacia dei modelli di organizzazione e controllo richiede un’attenta valutazione degli assetti e dei rischi locali e di gruppo, fondata sull’analisi delle specificità operative e relazionali del gruppo, al fine di prevenire l’estensione della responsabilità e rafforzare la tenuta complessiva del sistema 231..