La questione del rinnovo e della durata delle concessioni demaniali marittime è sicuramente uno dei temi più complicati che il nostro Paese si è trovato ad affrontare negli ultimi anni, coinvolgendo aspetti giuridici ma anche interessi economici e politici rilevanti. Infatti, con l’entrata in vigore della Direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein) ed il suo recepimento in Italia (avvenuto con il D.lgs. 59/2010) è stato sancito il divieto del rinnovo automatico delle concessioni in essere ai privati per lo sfruttamento dei lidi (marittimi, e non solo), perché lesivo del principio della libera concorrenza. Le Amministrazioni competenti, pertanto, avrebbero dovuto procedere al rilascio di nuove concessioni previo esperimento di una gara pubblica, improntata ai principi di imparzialità e trasparenza, per l’assegnazione al miglior offerente.
Nel nostro ordinamento, infatti, vigeva il c.d. diritto di insistenza, per il quale alla scadenza del periodo di efficacia delle concessioni, fissato in sei anni, le stesse si rinnovavano automaticamente per un ugual periodo e così di seguito. Con l’approvazione della Direttiva, ed a seguito della procedura di infrazione promossa nel 2009 dalla Commissione europea, il Legislatore è intervenuto abrogandolo, senza tuttavia procedere a una conseguente e necessaria rivisitazione della materia (seppur oggetto anche di apposita delega al Governo con la L. 217/2011) ma inaugurando, sin dal 2010, una stagione di ripetute proroghe delle concessioni in scadenza. Ad un primo differimento al 31 dicembre 2012 (L. 25/2010) è seguita una nuova proroga fino al 31 dicembre 2020 (L. 221/2012), ed ancora un’ulteriore proroga di quindici anni (L. 145/2018), con l’effetto pratico di avallare la prosecuzione fino all’anno 2033, senza l’indizione di gare, delle concessioni ormai prossime alla scadenza, senza che abbia mai visto la luce il preannunziato programma di riforme.
Tale prassi del Legislatore nazionale era stata ritenuta lesiva del diritto europeo dapprima nel 2016 dalla Corte di Giustizia UE (sent. 14/07/2016 cause C-458/14 e C-67/15) e poi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 17 e n. 18 del 2021. I Giudici amministrativi, in particolare, richiamata la giurisprudenza comunitaria e confermata la natura immediatamente cogente (self-executing) della Direttiva 2006/123/CE, hanno sancito l’obbligo per le Amministrazioni di disapplicare la legislazione nazionale che prevede la proroga automatica. Considerati gli elevati impatti economici e sociali conseguenti all’immediata disapplicazione, il Consiglio di Stato ha altresì stabilito che le concessioni demaniali in essere mantenessero la propria efficacia fino al 31 dicembre 2023, termine entro il quale le Amministrazioni avrebbero dovuto procedere all’indizione delle gare pubbliche ed alle nuove assegnazioni. Il Legislatore nazionale, adeguandosi alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, con la L. 118/2022 stabilì al 31 dicembre 2023 il termine di efficacia delle concessioni demaniali in essere, prevedendo la possibilità di una c.d. proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024 per il caso in cui le Amministrazioni, a fronte di ragioni oggettive, non fossero riuscite a concludere entro tale data le gare pubbliche indette entro il medesimo termine.
Sulla questione, che pareva definita, il Legislatore è intervenuto nuovamente a settembre del 2024 con il Decreto-Legge n. 131 (conv. L. n. 166 del novembre 2024) stabilendo una nuova proroga automatica delle concessioni demaniali in essere fino al 30 settembre 2027 (con eventuale proroga tecnica fino al 31 marzo 2028). Il tema che si pone è ora quello del rapporto tra la nuova proroga prevista ex lege e le pronunce del Consiglio di Stato del 2021, in particolare, se le nuove disposizioni adottate dal Legislatore possano, ed in quale misura, superare i principi sanciti dai Giudici amministrativi sulla base del diritto europeo.
Sul punto sono intervenute alcune recenti sentenze del TAR Liguria (n. 869/2024 e n. 55/2025) e del TAR di Napoli (n. 365/2025) che hanno ritenuto illegittima per contrasto con la Direttiva Bolkestein anche l’ulteriore proroga da ultimo stabilita dal Legislatore, confermando i principi sanciti dal Consiglio di Stato nel 2021, compreso l’obbligo per le Amministrazioni pubbliche di immediata disapplicazione della normativa sopravvenuta.
Lo scenario che ora si prefigura è sicuramente incerto, a maggior ragione se si considera che, a differenza di quanto stabilito dal Consiglio di Stato nel 2021, non è previsto un nuovo “termine di grazia” per le Amministrazioni, che dovranno necessariamente prendere atto della scadenza delle concessioni demaniali che fossero ancora in essere ed indire le gare per le nuove assegnazioni se ancora non vi avessero proceduto. Altresì difficile definire cosa succederà nel periodo intermedio, sino al rilascio delle nuove concessioni, periodo che è ragionevole attendersi sarà caratterizzato da un aumento del contenzioso promosso dai soggetti interessati a far valere la nuova proroga comunque stabilita dal Legislatore, soprattutto se le Amministrazioni non si attiveranno fattivamente per avviare le procedure di assegnazione.